Il Gran Paradiso è l'unico massiccio montuoso interamente in territorio italiano. Dai suoi contrafforti discendono degli impervi valloni che originano sei valli (Valle di Cogne, Valsavaranche, Valle di Rhemes, Valle Orco, Valle Soana e Valle di Champorcher). La fascia che va dai tre ai 4000 m. è ammantata di candidi ghiacciai, più estesi sul lato valdostano. Si tratta di ghiacciai perenni ma relativamente recenti essendosi formati durante la "piccola glaciazione" del secolo XVII.
Dalla cima più alta (4061 m.) parte la dorsale che divide Cogne da Valsavarenche la quale, scendendo verso Aosta, si impenna nelle due vette dell'Herbetet (3778 m.) e della Grivola (3969 m.). Sul versante piemontese si stagliano verso il cielo il Ciarforon (3642 m.), la Tresenta (3609 m.), la Becca di Monciair (3544 m.). Queste montagne sono facilmente individuabili, da un occhio esperto, anche dalla pianura torinese. Il Ciarforon è una delle vette più singolari delle Alpi: sul versante aostano è ricoperto da un'enorme calotta ghiacciata; dal Piemonte appare come uno spoglio monte di forma trapezoidale.
La Torre del Gran San Pietro (3692 m.) e i Becchi della Tribolazione (3360 circa) si trovano nell'alto vallone di Piantonetto; il punto di osservazione privilegiato è il rifugio Pontese al Pian delle muande di Teleccio.
Dalla Punta di Galisia (3346 m.), un monte sulla cui sommità si incontrano i confini di Piemonte, Valle d'Aosta e Francia, si stacca in direzione sud-est un crinale fatto di cime frastagliate e appuntite che culminano nell'imponente bastionata rocciosa delle tre Levanne (3600 m. circa): sono le dentate e scintillanti vette che ispirarono l'ode "Piemonte" al poeta Giosuè Carducci che nel 1890 ebbe modo di venire da queste parti mentre presiedeva gli esami di maturità a Cuorgné.
La Granta Parei (3387 m.) è la montagna simbolo della Valle di Rhemes: segna il punto più occidentale del parco.
Le vette del settore orientale del parco sono più basse; tra di esse spiccano la Torre Lavina (3274 m.) e la Rosa dei Banchi (3164 m.). Quest' ultima è molto frequentata dagli escursionisti per l'aereo panorama che offre verso la Valle Soana e la Valle di Champorcher.
Le cime del parco nazionale fanno parte ovviamente delle Alpi Graie.
Laghi
I laghi più grandi e suggestivi del parco si trovano nella zona circostanre il Colle del Nivolet.
Dai due Laghi del Nivolet, antistanti il rifugio Savoia nell'omonimo pianoro, nasce il torrente Savara che, dopo aver pecorso la valle cui dà il nome (Valsavarenche), confluisce nella Dora Baltea nei pressi di Aosta. Superato il gradino erboso che sta sopra il rifugio ci addentriamo nei piani di Rosset dove scorgiamo i laghi naturali più spettacolari dell'intera area protetta: il Lago Leità dalla particolare forma allungata e il Lago Rosset con il suo caratteristico isolotto. Quest'ultimi costituiscono la sorgente del torrente Orco che scorre verso il Piemonte e sfocia nel Po vicino a Chivasso. Poco distante dai piani di Rosset vi sono i Lacs des trois becs (tre grandi e due piccoli) e proseguendo ancora un po' il Lago Nero (o Lago Leynir). La "regione dei grandi laghi" è il cuore del parco
nazionale: dalle sponde di questi specchi d'acqua il colpo d'occhio spazia su tutte le principali vette del Gran Paradiso e delle Levanne.
In Val di Rhemes troviamo il piacevole Lago di Pellaud: è ubicato all'interno di un bel lariceto ad una quota relativamente bassa (1811 m.).
In Valle di Cogne vi sono due interessanti laghetti: il Lago Lauson (Valnontey) ed il Lago Loie (2356 m., vallone di Bardoney).
Sul versante indritto della Valle Orco, lungo il tracciato della mulattiera reale, poco sotto il Colle della Terra, tra le morene troviamo il Lago Lillet. Data l'altitudine (2765 m.) questo lago, tranne che per un breve periodo estivo, rimane sempre gelato. Nei suoi paraggi si possono incontrare, nella stagione propizia, branchi di stambecche, cuccioli e caprettini di pochi mesi. Il Lago Lillet è raggiunto anche da un ripido sentiero che sale dalla borgata Mua di Ceresole.
Uno degli angoli meno conosciuti del parco è il Lago di Dres (2073 m.). Si trova sul versante inverso della Valle Orco, quasi all'estremo confine meridionale del PNGP. E' uno dei pochi punti del lato piemontese dove si può scorgere la vetta ed il ghiacciaio del Gran Paradiso far capolino oltre le alte cime canavesane.
E' interessante ricordare che la città di Torino dipende, per l'approvvigionamento idroelettrico, dai paesi canavesani di Ceresole Reale e Locana. In Valle Orco ci sono ben sei invasi artificiali gestiti dall'AEM: tre si trovano lungo la strada che conduce al Colle del Nivolet (Ceresole capoluogo, Lago Serrù, Lago Agnel), altri tre nei valloni laterali del versante solatìo (Piantonetto, Valsoera, Eugio).
Cascate
Data la forte acclività che caratterizza i valloni del Gran Paradiso va da sé che i torrenti che li solcano originino lungo il loro impetuoso fluire numerose cascate che ingentiliscono l'aspro paesaggio del parco. Le più spettacolari sono quelle di Lillaz, frazione di Cogne. Anche sul versante piemontese vi sono alcune pittoresche cascate facilmente osservabili dai turisti: quella sovrastante l'abitato di Noasca oppure quella formata dal torrente di Nel all'altezza della borgata Chiapili di sotto. Nei pressi delle baite di Chiapili di sopra, la borgata più alta di Ceresole Reale, altre due fragorose cascate fanno bella mostra di sé
Fauna
L'animale simbolo del parco è lo stambecco presente in circa 3500 unità. Il maschio adulto può pesare dai 90 ai 120 kg. Le corna, un tempo ambito trofeo, presentano delle nodosità nella parte anteriore e possono arrivare anche a 100 cm. La femmina, più piccola, ha delle corna più liscie lunghe appena 30 cm. I branchi sono composti da soli maschi oppure da femmine e cuccioli. I maschi anziani vivono isolati. Il periodo degli amori coincide con i mesi di novembre e dicembre; in questo periodo gli stambecchi maschi che hanno raggiunto la piena maturità sessuale si battono tra di loro squarciando il silenzio dei valloni con l'inconfondibile rumore delle cornate udibile anche dal fondovalle. La femmina rimane fertile per pochi giorni. La gravidanza dura sei mesi. A primavera inoltrata, la stambecca si ritira su qualche cengia isolata dove darà alla luce (maggio, giugno) un piccolo, talvolta due. Lo stambeco ha un carattere mite ed imperturbabile e si lascia facilmente osservare dall'uomo.
Il camoscio, invece, è diffidente, elegante nei suoi balzi, veloce e scattante. Di dimensioni minori (massimo 45-50 kg), se ne contano oltre 7000 esemplari. Le sue corna, non imponenti come quelle dello stambecco, sono sottili e leggermente uncinate. Questo ungulato non è più in pericolo di estinzione in quanto l'assoluta mancanza di predatori naturali ne ha favorito la crescita numerica e l'eccessiva colonizzazione del territorio (durante l'inverno scendono a valle danneggiando il sottobosco, attraversano le strade asfaltate, arrivano a cercare il cibo a pochi metri dalle case) tanto da rendere necessarie, a volte, delle azioni di caccia selettiva per ridurne il numero.
Il parco non è un ecosistema così perfetto come si potrebbe pensare. I predatori naturali, come detto, sono del tutto assenti: l'orso e il lupo estinti da secoli, gli altri sono stati perseguitati ai tempi della riserva. Il compito delle Reali Cacciatori Guardie era quello di proteggere la selvaggina non solo dai bracconieri ma anche dagli animali ritenuti nocivi e il re ricompensava con laute mancie l'abbattimento di una lince, di un gipeto, di una volpe o di un'aquila. Si giunse così, all'incirca nel 1912-13, all'estinzione della lince europea e del gipeto barbuto; oggi si contano ancora 4-5 coppie di aquile mentre discretamente presente resta la volpe. Negli ultimi anni si è cercato di reintrodurre la lince.
Un altro animale molto diffuso nel parco è la marmotta (se ne contano circa 6000 unità). Vive in tane sotterranee con diversi cunicoli come vie d'uscita. Predilige le praterie e le poche aree pianeggianti (numerosissime al Piano del Nivolet). E' un roditore e ai primi freddi cade in un profondo letargo che dura quasi sei mesi. Inconfondibile il suo verso: un fischio che la marmotta "sentinella" emette, drizzandosi in verticale, quando avvista un pericolo o un animale estraneo al suo ambiente seguito dal repentino fuggi fuggi degli altri componenti del branco.
Fanno parte della fauna del Gran Paradiso anche numerosi volatili: poiane, picchi, cincie, pernici bianche, gracchi, sparvieri, astori, allocchi, civette ecc... Nei laghi e nei torrenti nuotano due specie di trote: una autoctona, la trota fario, l'altra alloctona, la trota iridea. Nei boschi di aghifoglie capita talvolta di rinvenire dei mucchi di aghi di conifere alti anche mezzo metro: sono i nidi della formica rufa. Tra i rettili ricordiamo le vipere (vipera aspis, tipica delle zone asciutte, e vipera berus che si trova presso i corsi d'acqua) e le salamandre (nera e pezzata).
Flora
Nella parte più bassa del parco, come livello altimetrico, sono presenti boschi di latifoglie composti da Pioppo tremulo, nocciolo, ciliegio selvatico, acero montano, quercia, castagno, frassino, betulla, sorbo degli uccellatori. Le faggete, in una fascia tra gli 800 e i 1200 mt., si trovano soltanto sul versante piemontese tra Noasca, Campiglia e Locana. Tra i 1500 e i 2000 mt. vi sono le foreste di aghifoglie. Il pino cembro (Pinus cembra) è largamente diffuso in Val di
Rhemês mentre l'abete bianco (Abies alba) si trova solo in Val di Cogne presso Vieyes, Sylvenoire e Chevril. In tutte le valli troviamo il sempreverde abete rosso (Picea abies) ed il larice ([[Laris europaea]]). Quest'ultimo è l'unica conifera d'Europa che perde gli aghi nel periodo invernale. I boschi di larice sono molto luminosi e permettono lo sviluppo di un folto sottobosco composto da rododendri, mirtilli, lamponi, gerani dei boschi, fragole di bosco.
Impossibile elencare la sterminata varietà di fiori che da marzo ad agosto ravvivano con i loro colori i diversi ambienti del parco. Ci limiteremo ad alcuni esempi. Il giglio martagone (Lilium martagon), tipico del bosco, e il giglio di San Giovanni (Lilium croceum), che sboccia nei prati, fioriscono all'inizio dell'estate. Il velenosissimo aconito (Aconitum napellus) si trova lungo i corsi d'acqua. Tra la fascia più alta dei boschi e i 2200 mt. vi sono distese di rododendri con i loro caratteristici fiori a campanula color ciclamino.
Oltre i 2500 mt. tra le roccie trovano il loro habitat la sassifraga, l'androsace alpina, l'artemisia, il cerastio e il ranuncolo dei ghiacci (Ranunculus glacialis). Anche la stella alpina e il genepy si trovano a queste altezze ma sono rarissimi. Le torbiere e le zone umide sono colonizzate dall'erioforo i cui candidi batuffoli preannunciano la fine dell'estate.